L'estratto

‘O SISTEMA GUAGLIU’

di

Francesco Gangale

Come si fa ad entrare

nell’Organizzazione “La Ca…..”

Prefazione

Una serie di situazioni ambigue e divertentissime si succedono a ritmo serrato. Il lettore si diverte, trasportato dal racconto di tanti episodi insoliti e intriganti. La narrazione è ambientata a Spaccanapoli, una delle vie più affascinanti e conosciute della città. I personaggi sono quelli tipici che s’incontrano nel rione.

La storia gioca su una serie di improbabili equivoci. Molte cose sono inventate, altre sono note. L’intento è di portare il lettore in un percorso dapprima comico e divertente, poi serio e impegnato. Si mettono in evidenza, con molta esagerazione, stereotipi della vita vissuta.

Non si vuole giudicare, ma, piuttosto, sottolineare le tante contraddizioni del vivere quotidiano. Il lettore è libero di fare le proprie riflessioni.

I personaggi sono veri, s’incontrano facilmente nella realtà, ma la storia è inventata. Solo alcuni episodi sono frutto di esperienze vissute o ascoltate da racconti di amici e conoscenti.

Il riferimento a persone o fatti è del tutto casuale. Il riferimento a ruoli pubblici (Sindaco, Procuratore, funzionari) ricalca lo stereotipo dell’immaginazione napoletana.

N.d.A. Il dialetto di alcuni personaggi è stato italianizzato per renderlo più comprensibile ai non napoletani.


I

La domanda

Quel martedì Peppe è smanioso, non è giornata di lavoro. Si aggira per il rione in cerca del suo amico fidato Pasquale, con il quale condivide le confidenze più intime. Pasquale è di famiglia borghese. Egli abita in un appartamento al primo piano non lontano, sempre nel rione Spaccanapoli.

Il papà di Pasquale insegna alle scuole elementari, la mamma è impiegata all’ufficio acquedotto. Sia il papà che la mamma sono persone per bene e hanno insegnato a Pasquale la rettitudine e l’onestà. Pasquale è uno studente brillante, si è diplomato al Liceo Classico con il massimo dei voti e l’encomio finale. Appassionato di legge, si è iscritto all’Università per diventare Avvocato. Pasquale è un ragazzo idealista, con la fissa della giustizia sociale.

Appena Peppe arriva nella piazzetta, scorgendo Pasquale gli corre incontro.

Alla vista di Peppe Pasquale esclama:«Uè Pè! Dove vai di bello?»

«Pascà! Proprio a te cercavo…»

«Ho accompagnato Luisa e la sua amica. Tu non sei voluto venire!»

«Lo sai che non mi piace la compagna di Luisa! Non la reggo, non tiene grazia di femmina. Io po’ ho altro per la testa. Pascà, io devo trovare il modo di entrare nel Sistema!»

«Ancora con questa storia? Ma ti ci sei fissato!»

«Ma lo vuoi capire che è l’unico modo pè cagnà vita? ‘A gente ti rispetta, le femmine squagliano. E ‘o finale… pozz’offrì a mammà tutto quello che non ha mai avuto.»

«Cioè?»

«La faccio uscire da quel vascio umido e scuro! E l’accàtt nu bell’appartamento all’ultimo piano, con ascensore e vista mare!»

«E come fai?»

«Se entro nell’organizzazione ‘e sord me li anticipano loro e poi glieli restituisco con il lavoro. Io conosco un sacco di gente e se mi metto a vendere droga… Ma ‘o sai quanta ne vendo? Ho fatto i conti! Comm’ minimo faccio 3.000 euro ‘o mese, e con 3.000 euro… ce la spassiamo Pascà!»

«Te… la spassi!»

«E pecchè, tu ti pensi che io mi scordo degli amici?»

«Ma hai valutato attentamente quello che comporta? È un'attività molto rischiosa.»

«Ma che vai ricenn! I delinquenti che strozzano ‘a povera gente o ammazzano pe’ soldi fann na brutta fine! Io, invece, voglio fa ‘e cose onestamente. Voglio vendere droga solo a chi ‘a vole e che tien’ ‘e sord. Voglio guadagnà, ma senza rà fastidio a nisciuno! E poi… ‘o voglio fa in piena regola, co’ na postazione fissa! Pascà, ma ci pienz? Io, rint’ a galleria Umberto I, con un bel tavolino che vendo la droga alla gente per bene?»

«Non lo so… io mi chiedo, ma perché nessuno ha mai fatto quello che vuoi fare tu?»

«Perché so arretrati! Fann semp i stess cose! Nun cagnano. Ma n’amma movere Pascà, altrimenti m’arrobbano l’idea! Io mi so ‘ncrippato pè capì comm’ si fa. Nisciuno ti sape ricere niente.»

«Ma tu hai specificato che vuoi farti assumere a tempo indeterminato nell’onorata società La Ca...»

Peppe lo blocca prima che finisca di pronunciare la parola.

«Ma si pazz? L’ho sentito con le mie orecchie! L’altro giorno Don Vicienzo ha ditt’ a Mano Ca Trema, che l’aveva appena pronunciata: “Guagliò, quella parola non la devi dire mai! Te l’ha scurdà! La devi cancellare dal tuo vocabolario.” E quann’ Mana Ca Trema ha chiesto: “Come la dobbiamo chiamare?” Don Vicienz’ ha risposto: “’O Sistema, Guagliù!” Mo’, propr’io, prima di entrare, faccio sto sbaglio?»

«Perché non chiedi a qualcuno che conosci, che è già dentro?»

«Ho provato! Ma mi hanno detto che devo fare la trafila. Io so convinto che si spaventano pecchè ‘o sann ca vinn chjiù ‘e loro.»

«Forse hai ragione Peppe! Anch’io, con molta discrezione, ho provato a chiedere, ma… niente! Effettivamente, è come se questa fosse un’azienda fantasma. Nessuno sa dove ha la sede. Ho cercato sul web in ogni pagina, ma niente di niente. Però, a pensarci bene, credo sia una compartecipata del Comune.»

«Che cosa te lo fa pensare?»

«Perché spesso vedo Don Vincenzo a braccetto con il Sindaco…»

«È ‘o vero Pascà, l’ho notato pure io! E a proposito… Non è che puoi chiedere a tuo zio Saverio? Iss è ragioniere, l’avessa sapè.»

Ottima idea, a mio zio non ci avevo pensato. Lui sa tutto di tutti, è super informato.»

«Perché non andiamo a trovarlo?» Propone Peppe.

«Aspetta! Zio all’una in punto va a pranzo. Ha l’ufficio qua vicino e di qua deve passare. Che ore sono?» Domanda infine Pasquale.

«Mancano poco più di cinque minuti all’una. L’aspettamm’?»

«Aspettiamolo!»

«Tengo un presentimento! Tuo zio sape comm’ se fa. Se mi fa entrare, addò iss port i carte[1]

Saverio, lo zio di Pasquale, è ragioniere, libero professionista con studio in Via Spaccanapoli. Ha molte conoscenze, ben introdotto e a suo agio fra gli intricati equilibri delle relazioni tra pubblico e privato.

Mentre aspettano, si avvicinano a Zì Nicola "l’Oracolo", così chiamato per via di alcune previsioni azzeccate, tipo: “Ti sposerai e avrai figli”, “Avrai un lutto in famiglia”, e via dicendo. Zì Nicola durante il giorno sta sempre seduto a un tavolino all’angolo del bar. Gioca a carte con gli amici oppure legge le carte a chi glielo chiede. Con lui, inseparabile, Carlino detto "Il Traduttore". Carlino ha lavorato all’estero e parla inglese e tedesco, così, quando arrivano i turisti, traduce le parole di Zì Nicola. Per le guide di Napoli Zì Nicola è un’attrazione, esercita un grande fascino sui turisti. Inoltre, Zì Nicola conosce tutti i detti e i proverbi napoletani e, se gli si dice una parola qualunque, lui ci trova subito il proverbio adeguato.

«Zì Nicola! Femmina!» dice Peppe.

«'A femmena bona, si tentata resta onesta, nun è stata bona tentata» risponde Zì Nicola.

«Se una brava donna resta tale, pur se tentata, allora non è stata tentata bene» traduce Carlino.

«Proviamo con una parola più difficile» dice Pasquale sussurrando a Peppe e Peppe dice: «Zì Nicola! Anguria

«Quann ‘o mellóne esce russo, ognuno ne vo’ ‘na fèlla.»

«Quando l’anguria è rossa tutti ne vogliono una fetta. Ovvero, quando un’impresa riesce, tutti vorrebbero parteciparvi.» Traduce Carlino.

In quel momento arriva in piazza Saverio, lo zio di Pasquale.

«Eccolo, che t’avevo detto?» Dice Pasquale vedendo arrivare lo zio e poi continua: «Non sgarra mai, a pranzo lo zio è puntualissimo. Zio Saverio!»

«Pascà che ci fai qua?»

«Zio, Peppe ti vuole domandare una cosa, hai un minuto?»

«Giusto un minuto, non posso fà tardi, dimmi Pe’!»

«Raggiuniè! Io vorrei entrare nel sistema, ma non so comm si fa.»

«Il Sistema

«Zio! La compartecipata del Comune.»

«Ah, ho capito!»

In realtà Saverio non ha capito, ma, vista la sua reputazione, non può fare la figura di chi non sa che esiste una compartecipata.

«Intendi la Municipalizzata Il Sistema?» Chiede.

«Sì, proprio quella.»

«Beh… devi fare la domanda direttamente al Comune.»

«Vado… al Comune e faccio la domanda?» Chiede Peppe dubbioso.

«Scritta! Devi presentare una domanda scritta. Loro poi ti spiegheranno tutto. Se hai problemi fatti dare il modulo della domanda e la compiliamo insieme. Ora vi devo salutà guagliù! Salutami a tuo padre Pascà!»

«Grazie zio!»

«Grazie raggiuniè!»

Peppe poi si rivolge a Pasquale: «Pascà, ma siamo sicuri? Mi pare strano che dobbiamo fare la domanda al Comune.»

«Peppe! Lo zio è informatissimo, fidati! È a conoscenza di cose che pochi sanno. Sicuramente il Sindaco ha realizzato con i pezzi grossi del Sistema una Municipalizzata e per favorire i propri affiliati, non ha divulgato la notizia.»

«Ecco perché nessuno ne parla. Me lo sentivo che tuo zio mi poteva aiutà. Chill' tiene la penna e le conoscenze. Scriviamo la domanda, Pascà!»

«Procuriamoci una penna e un foglio.»

«Assettate a chill tavulin’ ro’ bar, io vado a cercare una penna e un foglio.»

Fuori al bar, Pasquale si avvicina a un tavolino e il cameriere gli si para davanti: «Desiderate?»

«Un tavolino» risponde Pasquale.

«Avete prenotato?»

«Ce n’è bisogno? Non c’è nessuno.»

«Mo’ no, ma fra poco qua ci sarà la folla!»

«Allora, prima che arrivi la folla, posso sedermi?»

«Prego! Cosa vi porto?» Domanda il cameriere.

«Può passare dopo? Sto aspettando un amico che è andato a cercare una penna e un foglio.»

«Beh… se è n’amico sapete quello che vuole, ordinate pure pè iss.»

«Ma… mi scusi, non può aspettare un minuto?»

«No! ‘O principale m’osserva, se non porto l’ordinazione, mi mette ‘na fish rossa nel mio cassetto delle competenze.»

«E che vuol dire?» Chiede Pasquale.

«Io lavoro a percentuale. Le fish nere aggiungono e le fish rosse tolgono, per mancato guadagno. A fine giornata si fanno i conti» spiega il cameriere.

«Niente di meno! Ah eccolo, arriva Peppe.»

«Ecco qua, foglio e penna.»

«Peppe, che ci prendiamo?»

«No, non voglio niente.»

«Eh no! Per stare al tavolo dobbiamo prendere qualcosa. Gentilmente, ci porti due caffè!»

«Cinq euro!»

«Cinq euro? Un caffè costa 80 centesimi!» Protesta Pasquale.

«Al banco! Al tavolino costa due euro e cinquanta. Anzi, dovrei farvi pagare sei euro! Mi state facenn perdere ‘nu sacc ‘e tiempo!»

«Ci perdoni! Non avevamo visto la folla…»

«Il tempo è danaro! Ognuno, però, è libero di sprecarlo.»

«Va bene! Ci porti due caffè!»

«Primm ‘e sordi, po' ‘i cafè! Comm’ se rice a Napul’, cà sta a pezza e cà sta o sapone.»

«Pagheremo dopo aver ricevuto i caffè… e, ovviamente, lo scontrino!»

«Chi mi dice che non vi alzate e ve ne andate prima c’arrivano i caffè?»

«Guagliò stai parlann assai! Tu non sai chi hai difronte! Dimane, quann m’assett cà, mi servirai co ‘a schina chiecata[2]!» Sbotta Peppe.

«Dimane vinciti ‘o Superenalotto?» Chiede il cameriere.

«Ti pentirai amaramente ‘e chell ca stai ricenn’! Tieni cà tre euro e portaci dui caffè!»

«Ho detto cinq euro! Non siamo al mercato, non si fanno sconti!»

«Mort’ e famme! Tiè cinqu’euro!»

«Non mi lasciate la mancia?»

«Ma quale mancia e mancia! Muoviti, o vuoi che ci alziamo e ce ne andiamo?»

«Uè uè, comm’ site suscettibile! Comm ‘i vulite i caffè?»

«A me in tazza calda, stritt stritt, con lo schizzo e due bustine di zucchero» dice Peppe.

«A me in bicchiere di vetro, lungo, macchiato, una bustina di zucchero di canna. Caffè bollente mi raccomando!» Dice invece Pasquale.

«Un caffè con le tre C!»

«Sarebbe?» Domanda Pasquale.

«Cazz’, Comm’, Coce» rispondono Peppe e il cameriere insieme.

«Ve li porto in carrozza?» Chiede poi il solo cameriere.

«Normale!» Dice Peppe.

«Pezzienti!» Esclama il cameriere sottovoce mentre se ne va.

«Come sarebbe portato in carrozza?» Domanda Pasquale.

«Stù scemo si mette un guanto bianco e ti porta il caffè ‘ncoppa a un vassoio, come quello che tua madre usa quando tiene ospiti di riguardo. E solo pè sta strunzata, ti fotte nat’euro a cafè. Pascà! Scrivimm sta lettera!»

«Va bene! Però ti avverto che non ho mai scritto una domanda al Comune.»

«E se non la sai scrivere tu che sei Avvocato…»

«Ti ricordo che sono solo uno studente!»

Peppe si avvicina alla sedia di Pasquale, in maniera da fargli leggere quanto scriverà. Pasquale, per una questione di spazio, gli mette un braccio attorno alle spalle.

Si avvicina una venditrice e lascia sul tavolo una rosa.

«E chesta che è?» Chiede Peppe.

«Una rosa per una coppia felice» risponde la venditrice.

«Ma noi non siamo una coppia… come pensate!» Dice Peppe e immediatamente allontana il braccio di Pasquale da sopra le spalle.

«Dite tutti così. Su questa faccia della terra ci sarà un uomo che avrà il coraggio di esprimere apertamente i propri sentimenti?»

«Ma quali sentimenti e sentimenti? Pè piacere avimm ‘a che fa!»

«Signora, davvero, non è come lei pensa!» Replica Pasquale.

«Come volete. Solo gli eletti sanno che la felicità si conquista a partire dai piccoli gesti. Sono i dettagli che fanno la differenza! Buona fortuna!»

«Aspettate!» La richiama Peppe ripensandoci: «Tenìt’ cà dui euro! Lasciatemi la rosa gentilmente!»

«Grazie! Vogliate campare cent’anni in piena salute!»

«Uè Pè… che ci devi fare cò sta rosa?» Chiede imbarazzato Pasquale, pensando che voglia regalarla a lui.

«Mi voglio accattivare la sorte! La regalerò all’impiegata del Comune.»

«Ah… Bell’idea!» Risponde Pasquale risollevato.

«Scrivimm sta lettera, Pascà!»

«Va bene. Però io detto e tu scrivi. È meglio che scrivi con la tua calligrafia. Devono capire che ci tieni davvero a questo lavoro.»

«Va buono. Però lo sai che scrivo malissimo!»

«E non importa. Allora… Fammi pensare… Ecco, scrivi! Io sottoscritto Peppe Trovato, nato in Napoli alla via… L’indirizzo preciso?»

«E non lo sai dove abito? Lì so anche nato e non c’è né via e né numero.»

«Già, allora… Nato in Napoli, al secondo Vascio del sesto Vicolo di Via Spaccanapoli… Giusto?»

«Ci vuò mettere, ppe nun sbaglià, ca si tratta ro’ vico addò ci sta ‘a pizzeria Forno a Legna, A Pizza Comm’ ‘a Facimm Nui nun ‘a Fa Nisciunu

«Non ce n’è bisogno. Quelli del Comune dovrebbero sapere qual è il sesto vicolo. Piuttosto, dobbiamo specificare che abiti alla stessa via dove sei nato. Allora… Io sottoscritto… Via Spaccanapoli, sesto vicolo, salendo sul lato destro…»

«Mettici che c’è ‘o secchio ra’ monnezza!»

«Sì! Allora… Salendo sul lato destro, bidone della spazzatura avanti la porta. Eh sì! Dobbiamo specificare, altrimenti non ti trovano! Dunque… Ed ivi abitante… ed ivi abitante…» dice Pasquale controllando come sta venendo il dettato. «Ed ivi… ma che fai! L’hai scritto due volte?»

«Tu mi hai dettato così…»

«Lo dicevo per sottolineare, tra me e me, mentre ripet... Oh Gesù! Ma davvero stai facendo?»

Pasquale controlla tutto e poi sbotta: «Ma stai riscrivendo più volte le stesse cose!»

Peppe lo guarda mortificato.

«Io ripetevo perché tu mi interrompevi! E dai Pè, e ti voglio bene! Jà… Cancella tutto e riscrivi da capo sull’altro foglio. Una sola volta però!»

Peppe ubbidisce, intimidito come uno scolaretto, poi dice: «Ma… io avevo un solo foglio.»

«Aspetta, lo recupero io.»

Pasquale si reca al bancone del bare e domanda: «Per favore, hai un foglio bianco? Mi serve per una lettera.»

«Certamente! Lo ritira qua o glielo porto al tavolo?» Chiede il barista.

«Che differenza fa?»

«30 centesimi qua, al tavolo 80 centesimi. C’è in aggiunta il servizio al tavolo.»

«Una risma costa tre euro, un foglio meno di un centesimo, e tu vuoi 30 centesimi?»

«E che facimm, stamm cà pe fa piacere a te?»

«Tieni 30 centesimi, dammi il foglio.»

Pasquale ritorna al tavolo, da Peppe.

«30 centesimi per un foglio. Chist ti facess pagà anche l’aria che respiriamo. Allora Pè! Scrivi e vedi di non sbagliare. Io sottoscritto Peppe Trovato, nato in Napoli al secondo Vascio del sesto Vicolo di Via Spaccanapoli, salendo sul lato destro, bidone della spazzatura avanti la porta, ed ivi abitante... Ora, continuiamo…Avendo compiuto vent’anni ed essendo nell’età del lavoro…»

«Non è meglio scrivere “essendo nell’età della fatica”? È più pesante, fatica!»

«Sì… va bene!» Pasquale sta iniziando ad infastidirsi. «Allora… essendo nell’età della fatica… Chiedo, a Sua Eccellenza il Sindaco, di assumermi a tempo indeterminato in forza all’organico della Municipalizzata Il Sistema. Mi pare che così può andare.»

«Ma chill sapene e che stamm parlann?»

«Certamente! Chissà quante domande ricevono tutti i giorni.»

«Eh già!»

«Anzi, scriviamo… di farmi entrare nell’organico della Municipalizzata Il Sistema e, come Sua Eccellenza il Sindaco certamente saprà, non posso pronunciare altre parole.»

«Bravo! Te l’aggia semp ritt ca tieni 'na capa tanta!»

«Aspetta! Dobbiamo aggiungere la data e la firma.»

Pasquale riguarda il tutto, poi dice: «Tra parentesi scriviamo “Scusate la calligrafia”, che è meglio. Firmala!»

Intanto arriva il cameriere. «Ecco i caffè!» Lascia i caffè e se ne va.

Peppe inizia a bere il caffè e rivolto a Pasquale dice: «Aspettami qua, ritorno subito. Voglio interrogare l’Oracolo.»

Poi si rivolge a Zì Nicola: «Zì Nicò! Mi leggiti i carte?»

«Pecché no. Assiettat’.» Zì Nicola mischia le carte e chiede di spaccare con la mano sinistra. Successivamente dispiega le carte sul tavolo e chiede a Peppe di sceglierne una. Peppe sceglie la carta.

Zì Nicola, girando la carta, declama: «Cinque coppe dritto!»

«Che significa?»

«’O cinque coppe dritto vuò dì ca ci saranno novità.»

«Che novità?»

«Nun si sape se so buone o malament’.»

«Non potete girare un’altra carta?»

«Eh no! Solo una al giorno, nun s’ha da sfriculià ‘a fortuna.»

«Vi pago un caffè Zì Nicò?»

«Grazie assaje, ma me l’aggia già pigliat!»

«Grazie a vui! Salutamm’ Zi Nicò!»

Peppe ritorna al tavolino da Pasquale, rimasto nel frattempo a rileggere la domanda, e gli si mette a fianco con un braccio intorno alle spalle, sempre per una questione di spazio.


II

La canzone

Arriva un cantante di strada. Vedendo i due ragazzi abbracciati e sul tavolino una rosa, si avvicina e accompagnandosi con la chitarra, intona una canzone napoletana.

«Era de maggio e te cadéano 'nzino…»

«Pè piacire, avimm a che fà» dice Peppe.

«Non volete dedicare una canzone al vostro compagno?»

«Ma quale canzone! E quale compagno!» Risponde Peppe scostandosi da Pasquale e per poi aggiungere: «Jiamm e pressa»

«Un euro e vi canto una bellissima canzone.»

Peppe, superstizioso, non vuole tralasciare nulla. «Vabbuò. Eccoti l’euro, cantaci stà canzone, e che ci porti bene!»

«Grazie! Vi voglio fare un regalo, una canzone inedita che è in attesa di essere pubblicata.»

Il cantante si accompagna con la chitarra al ritmo delle canzoni popolari napoletane.

«Si chiama Per i vicoli di Napoli.»

Caminann muro muro

sent a voce de creaturi

c’è chi chiagne e c’è chi strilla,

c’è chi ride e l’occhio strizza

c’è chi sta attaccat’a zizza

Quant’è bello e quanto è fico caminann vico vico

No ragg e sole ti colpisce, di riflesso a ‘na vetrina

ma tu stai guardann dritt, stai guardann ’a signurina

che s’annaca innanzi a te, di rimpietto in faccia a me

‘a stai fissann tu, a sto cecann’io

e mo to dico, a sta guardann pure Dio

Quant’è bello e quanto è fico caminann vico vico

Dottò accattativillo sto telefonino,

solo cinq’ euro, giust pe no panino.

Allora tu tiri fora o portafoglio

‘o sai ca chill t’imbroglia.

Infatti, ahimè, aiuto! M’hanno arrobbato,

‘no telefonino falso m’hanno ‘mbrosato.

E no, mò t’ha sta zitto! Se ti lamienti si cornuto,

pecchè ‘o sapivi che t’avrebbero imbrogliato.

Quant’è dura, ma quanto è fico caminann vico vico

Intanto ti sei perso la tua bella,

della rotta hai perduto la tua stella.

La seguivi con tanto sentimento

e mò hai perduto l’orientamento.

Ti fermi e t’appoggi con le spalle al muro,

‘o fai per sentirti chjiù sicuro.

‘Na voce grida, oiné! Che fai?

Scostati e vieni in miezz’a gente,

tu non devi più aver paura e niente.

Per te mo ‘a strada è chjiù sicura,

pecchì come a nui, pure tu hai pigliata a fregatura.

Però, tu l’hai pigliata oggi e non la piglierai dimani,

noi la pigliamo tutti i giorni,

tutti i mesi, tutt’e simane

Quant’è bello e quanto è fico caminann vico vico.

«Bravo! Mi piace» dice Pasquale. «Bella veramente!» Esclama anche Peppe.

«Grazie assai.»

«Pascà! Mò firmo e vago subito ‘o Comune. Chill è cà vicino.»

Mentre Peppe si dirige al Comune lo ferma un venditore di strada. È straordinario come i napoletani non si scompongano alle continue proposte di ogni tipo di venditore.

«Duji cazettini?» Propone il venditore.

«No grazie!»

«Vi dong pè pochi sordi.»

«No grazie!»

«Tengo figli. Faciticci campà pure a nui.»

«Io nun teng figli e nun teng manco ‘na lira.»

«Lo potevate dire subito, invece e fà perdere tiempo a uno che fatica.»

«Sì tu ca vò perdere tiemp. Insisti e ancora insisti…»

«Che dicite! Io insisto pecchè ‘o saccio ca nun avit mai tiemp ppe l’accattà. Ma po’, n’occasione importante, come o quando, e nun tenite i cazettini adeguati. ‘A vote si perden’ e meglie occasioni o si fann figure e niente ppe nu pare ‘e cazettini. La mia è ‘na missione! Cò dui sord, dò la possibilità a chiunque di non perdersi l’occasione della vita!»

«Sientimi buono! Comm’è vero ca mi chiamm Peppe, si mi riesce chill c’aggia fa ‘ncoppa ‘o Comune, a simmana ca trase accatt nu pacch e cazettini, e l’accatt tutte ‘e simmane! ‘I mutande ‘e tieni?»

«Vì puozz procurà! Quante ve ne servono?»

«Sette a semmana, pecchè mutande e cazettini me’ cagne tutti ‘e juorni, e chell ca mi cagn’ l’agg jettà o ‘e rigàl’! Mamma mia nun ha da lavà chjiù né mutande né cazettini!»

«Pecchè nun cuminciate a ve l’accattà dui pare?»

«Mò non mi servono, ne tengo nu pare n’cuoll e n’atu pare a casa. M’abbastano! Ci virimm’ quann’esco. E se va buono… ti si sistemato pure tu!»

«Che San Gennaro v’accumpagna!»

Poi, una volta giratosi, il venditore ricalca: «E chi si mova e cà!»

Peppe arriva trafelato al Comune. Allo sportello c’è la tipica impiegata di alcuni ufffici: scocciata, zitella e insoddisfatta perché senza pretendenti.

«Scusate, a che ora chiude lo sportello?» Chiede Peppe. «All’una e mezza» risponde l’impiegata.»

«Meno male, so l’una e un quarto. M’ha fatto perdere tiempo quello che vende i calzettini cà fora. Devo fare la domanda.

«Mi dispiace, ma per una domanda ci vò tropp tiempo e fra poco ci dobbiamo apparecchiare per il pranzo. Non possiamo fare aspettare chi ci porta da mangiare.»

«Mi meraviglio che chi vi porta il pranzo non tiene pacienza d’aspettare.»

«Il fatto è che… non si paga» spiega la donna.

«Come sarebbe?»

«Nun mi fate ricere certe cose…» Poi aggiunge sottovoce: «A quello gli abbiamo fatto ottenere la licenza! Senza la nostra raccomandazione non l’avrebbe mai ottenuta!»

«Siete una Santa! Questa è per lei.»

Peppe le dà la rosa che teneva nascosta dietro la schiena.

«Grazie! Siete un vero gentiluomo. Io sono Assunta!»

«Mi fa piacere! Io, invece, sono disoccupato.»

«Ma guarda tu che combinazione! Assunta e Disoccupato. Va bene bel giovine, potete tornare alle tre e mezza?»

«Ma… non aprite alle tre?»

«Apriamo alle tre, certo… ma ci vulite rà ‘u tiemp ‘e sparecchià?»

«E… va bene, vengo dopo?»

«V’aspetto!»

Uscendo Peppe incontra il venditore che lo stava aspettando e che gli chiede:«Don Peppe, com’è andata?»

«Nun mi chiamà Don Peppe! Nun me l’aggia ancora meritato. Chiamami Peppe. Aggia turnà chiù tardi!»

«Eh già… Chill mò hann’ magnà!»

Peppe lascia il venditore e gli va incontro Pasquale.

«Pè, com’è andata?»

«Aggia turnà chiù tardi, mò hann’ magnà. Pascà… cà fora tutti sapene già ca sò trasut’! Chill ca vinn i cazettini m’ha chiamato, con rispetto, Don Peppe!»

«Niente di meno! A che ora devi tornare?»

«Tre e mezza.»

«Meglio così. Saranno più rilassati, meno esigenti e avrai più possibilità di passare.»

«Speramm! Ci jamm a magnà nu panino?»

«Oggi ho voglia di una pizza fritta.»

«Allora jamm ‘a friggitoria ‘e Mezza Recchia, così ti faccio pure verè ‘a guagliona ca t’aggia ritt!»

Peppe e Pasquale si dirigono alla friggitoria, passando vicino a Zì Nicola.

«Zì Nicò! Scarpa!» Dice Peppe.

«Ogne bella scarpa cu’ ‘o tiempo addiventa scarpone.»

«Anche le donne più belle e procaci diventeranno brutte e sgraziate» traduce Carlino.

Intanto, un avventore al bar domanda: «C’è un caffè pagato?»

«Purtroppo sò finiti» risponde il barista.

«E va bene, un caffè a pagamento per favore. Vado di pressa.»

«Come lo volete?»

«Come lo voglio? Normale!» Risponde l’avventore.

«In questo bar non esiste normale. Noi siamo gli artisti del caffè! Dovete specificare.»

«In che senso?»

«Corto o lungo? In tazza o in vetro? Tazza calda o fredda? Zuccherato o amaro? Macchiato o no? Con o senza cioccolatino? Volete o no l’acqua?»

«Vabbuò statemi bene!»

«Ma dove andate?»

«Sto perdendo ‘o treno!» Risponde mentre corre l'avventore.

Il caffè pagato è una tradizione napoletana. Chi lo desidera, lascia uno o più caffè pagati. Chi non se lo può permettere, chiede al bar, e spesso trova un caffè pagato. Per i napoletani il caffè è un rito irrinunciabile. In questo caso l’avventore lo voleva sfruttare per sbrigarsi più velocemente, il treno era in partenza.

Peppe e Pasquale tornano dalla friggitoria.

«Ottima pizza!» Dice Pasquale.

«’A pizza fritta comm’ ‘a fa Mezza Recchia nun ‘a fa nisciuno.»

«Vero! Avevi ragione Pè. Carina la ragazza che lavora da Mezza Recchia. Non l’avevo mai vista, è nuova?»

«Che t’avevo detto? È da poco che ci lavora! Mi piace assaje e ci vulissa pruvà!»

«E che aspetti?»

«Prima mi devo fortificà! Se m’appresento in queste condizioni chella manco mi pensa. Si tras’ ‘ntò Sistema nun po’ ricere ‘e no! M’appresento cu na bella moto, apparecchiato comm’ a San Gennaro… Ma che ne sai tu Pascà!»

«Hai ragione, tu ci sai fare più di me. Io ci sto provando con Luisa. Penso sia la donna della mia vita ma mi sa che per lei sono solo un amico.»

«Ma tu gliel’hai detto?»

«No! Ancora no! Ma diciamo che glielo sto facendo capire. Il guaio è che non riesco mai una volta a uscire da solo con lei!»

«Nun riesci? Ma tu te la vai pure cercando, Pascà! Quann ‘a ascì cu issa, truov’ semp’ na scusa per farti accompagnare. Tu hai paura di dichiararti, sient’ a me!»

«Ma no…»

«Ma sì! Sient’ a me! Fallo prima che Luisa perde la speranza e va ra nata parte!»

«Hai ragione, mi devo fare coraggio! Sì ja! La prossima volta le dico tutto quanto!»

«Uè! Pazziann pazzian si so fatt ‘e tre e vint! Mò vado al Comune!»

«Andiamo! Io t’aspetto fuori.»

III

Il Comune

Peppe, spedito e fiducioso, si presenta allo sportello.

«Salutiamo signora! Sono le tre e mezza, vi ricordate? Sò venuto stamattina, per la domanda.»

«E come posso scordare l’unico uomo che mi ha regalato una rosa? Siete venuto preciso preciso, signor Disoccupato! Ci pigliamo un caffè e dopo sono tutta per voi!»

«Certamente. Un caffè ci vuole, aropp sta faticata» risponde Peppe.

«È ‘o vero! ‘A pausa pranzo è pesante. T’abbuffi e poi nun ci ‘a fai a fa niend. Meno male che alle quattro e mezza stacchiamo. Aspettate che mò portano il caffè e una goccia la prendete pure voi.»

«Con piacere, però… offro io!»

«Ma che dite, mica lo paghiamo! Gennaro, il proprietario del bar, non paga ‘na lira per i tavolini che tiene in piazza e noi… non paghiamo il caffè!»

«Troppo gentile, ma… giusto una curiosità, lo sportello non chiude alle cinque?»

«Sì! Ma noi, alle quattro e mezza, per disposizione del Sindaco, chiudiamo. Altrimenti come faccimm ad uscì alle cinque? Na sistemata, na juta ‘o bagn e dui chiacchiere con i colleghi… mezz’ora vola!»

«Avete ragione pure voi signora!»

«Sono Assunta!»

«Sì ‘o sacc, e mi fa piacere per voi!»

«No dico, chiamami Assunta! Vediamo la domanda! Dunque… Il sottoscritto signor Trovato, ma… non siete il signor Disoccupato?»

«Il signor Disoccupato? Io sono il signor Trovato e sono, di fatto, disoccupato!»

«Oh maronna, scusate! Oh che vergogna, io avevo capito male. È perché io sono Assunta, di nome e di fatto!» Assunta ride di gusto per l’equivoco.

«Mi fa piacere per voi, signora!» Risponde Peppe.

«Assunta, quale Signora. Signora fa più vecchia!» Assunta ci prova.

«Dunque… Io sottoscritto Signor Trovato… ecc, ecc… Chiedo di voler entrare nella Municipalizzata Il Sistema.»

«Esattamente!»

«Io di questa Municipalizzata non ne sono a conoscenza.»

«’O Sindaco sa di che stiamo parlando.»

«Per forza. Sicuramente avrà aperto questa nuova Municipalizzata per sistemare qualche raccomandato! Dal nome, immagino si riferisca al settore informatico. Siete laureato?»

«No.»

«Diplomato?»

«No.»

Assunta inizia a pensare di averci visto male.

«Scusatemi, ma vi manda qualcuno o siete venuto di vostra spontaneità?»

«So venuto ‘e capa mia.»

«E me ne sono accorta! Questa domanda, vediamo…di farmi entrare nell’organico della Municipalizzata Il Sistema e, come Sua Eccellenza il Sindaco certamente saprà, non posso pronunciare altre parole. Per caso… è un affare riservato?»

«Certamente! Molto riservato!»

«Aspetta allora, devo chiedere al mio superiore…»

Assunta ad alta voce chiama il collega: «Signor Gino!»

Gino sta leggendo il giornale.

«Un attimo! Sto chiudendo una pratica urgente» risponde.

«Chill mò è turnato ro’ barbiere! Sicuramente starà leggendo ‘u giurnale!» Poi aggiunge sferzante: «Chesta è ‘a pratica urgente!»

«Lasciate fa, non tengo fretta. Chill hanna pure leggere pè capì» dice Peppe.

«Già… sò superiori!» Risponde Assunta con ironia.

Gino, con in mano il giornale camuffato da una carta anonima, arriva e dice: «Assù! Hai visto che scrivono chill fetienti? Secondo loro il Napoli non è squadra da scudetto!»

Assunta con indifferenza gli risponde: «Chilla… è tutt’invidia.»

Peppe, infervorato, interviene: «Ma stamm’ pazziann? Nu Napul’ comm’ a chest io null’aggia mai vist. Pare ‘o Barcellona!»

«Bravo guagliò! È ‘o vero. ‘U Napul’ quann joca ‘mbriaca a squadra avversaria, non le fa capì niente. Certo, a volte s’imbriacano pure loro… Però c’è da dire che i giornalisti so tutti juventini e devono per forza sparlà del Napoli. Ma che parlamm a fa!» Dice Gino.

«Appunto!» Risponde Assunta.

«Scusate, ma che giornale è?» Chiede Peppe.

«Corriere dello Sport. Io lo camuffo perché certe male lingue non si fanno i fatti loro, non sapendo che noi qua facciamo anche servizio pubblico e dobbiamo essere bene informati.»

«Certamente!» Dice Assunta ironica per poi continuare: «Immaginate se venisse un signore e chiedesse: “C’ha fatto ‘a Nocerina?” Che gli rispondete se non siete informato?»

«E mi pare giusto!» Risponde Peppe.

«Poi… Io non faccio spendere na lira ‘o Comune. ‘U giurnale mo’ piglio ro’ barbiere. Per questo, tutti i giorni, vado a fare la barba dal barbiere» aggiunge Gino.

«Scusate, ma così non ci rimette Lei?» Domanda Peppe.

«Ma quando mai! Gino non caccerebbe na lira manco sotto la minaccia di una pistola! Il barbiere non paga l’acqua al Comune e il Sindaco e i dirigenti fanno la barba gratis» spiega Assunta.

«Non esageriamo! Diciamo che non mi piace spendere.»

segue....

[1]I libri contabili. [2]Schiena piegata.