L'estratto

Una gelida mattina d’inverno, in prossimità del palazzo della facoltà di Architettura c’è un assembramento di studenti. Riccardo e Luigi sono appena arrivati e incuriositi si avvicinano.

 

Gli studenti stanno osservando un quadro appeso al muro.

Riccardo rivolto a Luigi: «Scusa, ma non ti sembra che rappresenti il tema di cui abbiamo parlato l’altro giorno in assemblea?» 

«Tieni ragione Riccardo. Ma potrebbe anche essere ‘na coincidenza.»

«Luigi, non credo alle coincidenze. Ma chi l’ha fatto? È molto bello.»

 

Il quadro, firmato “Il Muralista”, è piaciuto a tutti e la firma ha destato molta curiosità. L’autore dev’essere una persona con un grande senso dell’ironia. Chiedono in giro, nessuno sa niente.

Nel frattempo l’assembramento ha attirato l’attenzione del custode. Al suo arrivo gli studenti fanno spazio. Lui si avvicina al quadro e alza un braccio, ma non riesce manco a sfiorarlo. Si guarda intorno e poi chiede a un ragazzo, che con la sua altezza potrebbe arrivarci, di passargli il quadro. Il ragazzo, sostenuto dagli altri studenti presenti, si rifiuta. Il custode rientra, per poi ritornare subito dopo con uno scaletto.  Risoluto, sale sullo scaletto con la ferma intenzione di rimuovere il quadro.

Gli studenti rumoreggiano supplicando di lasciarlo dove si trova, però il custode non vuole sentire ragioni e procede.

 

Ma quando cerca di afferrarlo resta di sasso. Il quadro non è reale, è un murale. I ragazzi non capiscono subito, ma quando realizzano che si tratta di un murale un’esplosione di gioia travolge i presenti che inneggiano cori come i tifosi allo stadio.

 

Riccardo e Luigi chiedono in giro, nessuno ne sa niente. Nessuno sa chi lo abbia realizzato. La notizia fa il giro dell’Università e diventa meta di numerosi visitatori e non solo studenti, attratti anche dal mistero di non sapere chi ne sia l’autore e dall’ironia dello stesso firmatario.

 

La notizia incuriosisce anche i professori che sono venuti ad ammirarlo e anche a loro è piaciuto, soprattutto quando hanno saputo a che cosa si fosse ispirato l’autore.

 

È chiaro che rappresenti un pescatore con lancia la rete. Solo che le prede non sono pesci ma persone.

 

Le similitudini con la discussione del collettivo dell’altro giorno sono troppe, non può essere una semplice coincidenza.

Riccardo è convinto che l’autore sia uno studente e che per qualche strana ragione voglia mantenere l’anonimato. Non c’è nemmeno il problema di aver attentato al decoro della proprietà, perché il palazzo è dell’Università e la facciata è malconcia. Magari si realizzassero altri murales, nessuno avrebbe nulla da obiettare.

 

La sera prima della comparsa del murale, gli studenti del collettivo politico riuniti in assemblea hanno discusso di problematiche sociali. Sono i temi prediletti da Riccardo, Luigi e Rosa.

 

Come al solito, dopo aver parlato di alcune questioni universitarie, la discussione è stata allargata a tematiche che riguardano l’attualità e quella sera si è parlato anche della rete, delle sue implicazioni e della sua espansione.

 

Riccardo, uno degli organizzatori, dopo alcune considerazioni è intervenuto mettendo in risalto sia le positività che le negatività della rete.

A completamento di quanto detto da Riccardo, Luigi aveva fatto notare che i protagonisti di internet sono anche fra i più ricchi e potenti al mondo e di come ciò abbia contribuito ad aumentare ulteriormente la distanza tra ricchi e poveri.

 

Dopo l’intervento di Luigi, Riccardo aveva fatto un cenno di approvazione con la mano e dopo essersi accertato che non ci fossero altre richieste d’intervento aveva dichiarato chiusa l’assemblea. I ragazzi si erano salutati con pacche sulle spalle e cenni di consenso.

 

Il lunedì della settimana successiva un’altra sorpresa, questa volta nei pressi della facoltà di Architettura. Un altro murale è apparso come dal nulla.

 

Anche questo sarà stato realizzato di notte, perché la sera prima non c’era.

Il murale è stupendo, con una cornice stile rinascimentale bellissima. Anche questo, naturalmente, è responsabile degli stessi assembramenti di prima. Numerose sono le persone che sono venute a vederlo.

 

Nell’ambiente studentesco si diffonde la notizia e anche quelli del collettivo accorrono.

Riccardo aveva ragione e quest’altro murale ne è la conferma. L’artista in qualche modo frequenta il collettivo, conosce troppo bene gli argomenti delle loro discussioni.

I ragazzi sono onorati della rappresentazione delle loro idee, ma vorrebbero conoscere l’autore. D’altra parte, però, si rendono anche conto che grazie a questo mistero adesso c’è un sacco di gente che s’interessa alle loro attività.

Nell’ultima assemblea l’aula dove solevano riunirsi è piena, non ci sono posti neanche all’impiedi. Quella sera si è discusso soprattutto del “Muralista”. Le sue opere hanno riscosso notevole successo e hanno restituito una grande pubblicità allo stesso collettivo, come mai era accaduto prima. La forza delle immagini è stata dirompente.

 

Fra i tanti che sono venuti a visitare i murales, c’è anche il Professor Capacchione che è un noto critico d’arte. Il Professore scrive su un’importante rivista ed è stato attratto dal mistero del “Muralista”, un’ottima storia da raccontare ai propri lettori.

Con lo spirito del giornalista a caccia di notizie, scatta foto e poi chiede in giro, così viene a sapere delle discussioni del collettivo e del fatto che dopo due giorni dall’assemblea sia apparso il primo murale.

 

Riccardo incuriosito chiede: «Professore mi scusi, sono Riccardo uno studente del collettivo. Questo murales…» Non fa in tempo a finire che il Professore lo interrompe: «Murale!»

«Mi scusi, ma non si chiamano murales?»

«Al plurale sì! È un termine spagnolo declinato al plurale. Se lo si usa al singolare si dice “mural” nella lingua originaria, mentre il termine italiano è “murale”. Che cosa mi voleva chiedere?»

 

«Grazie del chiarimento Professore. A proposito del murale, lei ritiene che si possa considerare un’opera d’arte?» Il Professore è sempre molto disponibile con i giovani e così risponde: «Vede Riccardo, Dante diceva che “l’opera d’arte racchiude un universo in cui l’anima dell’artista ha superato la propria biografia e concretizza forme ancestrali per metterle a disposizione dell’umanità.

 L’opera, dunque, diventa cibo psichico, nutrimento dell’anima”. L’artista realizza le proprie opere in parte consapevolmente e in parte senza rendersene compiutamente conto. Sta a noi critici, studiando attentamente l’opera, scavare nell’animo dell’artista e tradurre in parole quello che vuole comunicare, perché a volte la sua opera va ben oltre le intenzioni razionali dello stesso autore. Con le parole si può mentire ma con il disegno, le sculture o i manufatti è più difficile e, a volte, l’opera stessa è intrisa di significati che a parole l’artista non avrebbe mai saputo o voluto esprimere. È come se l’autore fosse denudato e derubato della sua riservatezza e le proprie idee e pensieri più intimi fossero messi alla berlina dalla sua stessa opera.

 

Poi, una volta esposte saranno di tutti e ognuno, a modo suo, troverà quello che in fondo cerca in un’opera d’arte, le emozioni che più appartengono al proprio vissuto e al proprio immaginario. Ma anche alla rappresentazione della vita e del mondo, nello spazio e nel tempo, dal punto di vista più conveniente o in cui ci si sente di più a proprio agio.

Quando un’opera incuriosisce, emoziona, coinvolge o semplicemente fa riflettere, ancor meglio se esprime comprensibilmente qualcosa di complesso è da considerarsi un’opera d’arte.

In questo caso, l’artista ha impresso su muro il succo di una vostra intera assemblea e c’è riuscito egregiamente, mi pare. I dipinti sono bellissimi e sono solo incredulo sulla tecnica. Un disegno talmente ben fatto che sembra una stampa. Mai visto nulla di simile su muro e poi, realizzato di notte, incredibile.»

 

«Sono d’accordo, c’è riuscito benissimo. Grazie Professore.»

 

Riccardo è piacevolmente sorpreso dalla capacità dialettica e analitica del Professore. Adesso capisce perché sia tanto stimato nel suo campo, ma le sue parole non fanno altro che aumentare la curiosità verso il muralista.

 

Per il Professore che è anche giornalista, la notizia è troppo ghiotta e dopo essersi ben informato dai ragazzi, decide di pubblicarla su “Artetica”, una delle riviste più seguite dagli intenditori di arte e non solo. Conosciuta e apprezzata soprattutto per la caparbietà dei suoi giornalisti nel portare alla ribalta artisti sconosciuti ai più, ma di eccezionale bravura.

 

Il nome della rivista prende spunto dalle competizioni degli atleti nei giochi olimpici.

Immaginando analoghe competizioni, “atletica”, la disciplina sportiva, diventa “artetica” in quella dell’arte e i competitori sono gli “arteti”.

 

Per completezza d’informazione, dobbiamo ricordare che la parola “artetica” nel dialetto salentino significa “irrequietezza”, “incapacità di stare fermo con le mani”, che non si discosta poi tanto dal significato più profondo di ciò che è la vera natura dell’artista: un animo inquieto. Non a caso chi ha dato il nome alla rivista è di origine salentine.

 

La parola “arte” viene comunemente definita nei dizionari come “Espressione o applicazione dell'abilità creativa e dell'immaginazione degli esseri umani, generalmente in forme visive come la pittura o la scultura”. Nella visione del fondatore della rivista, l’artista rappresenta colui che crea opere senza uno scopo particolare. Mentre “l’arteta” lo fa per interesse, ambizione, spirito competitivo. Non solo nei concorsi o nella vendita delle proprie opere, ma anche perché spesso è in gara con sé stesso. I più ambiziosi vogliono creare opere di impareggiabile bellezza che possano renderli immortali.

 

L’artista ispirato lo fa per imbellente necessità, trovando il massimo piacere nel momento stesso della elaborazione e realizzazione dell’opera.

L’arteta, invece, crea con raziocinio, attaccato fermamente a un risultato che possa procuragli il massimo tornaconto personale. A lui non interessa tanto la qualità intrinseca dell’opera ma, soprattutto, il valore percepito della stessa e quanto gli potrà procurare in termini di notorietà o in soldoni.

 

Il risultato potrà essere impareggiabile sia nell’uno che nell’altro caso e alla rivista “Artetica” non interessano le motivazioni che spingono una persona a creare quanto, piuttosto, il risultato finale.

 

La scelta del nome “Artetica” e del ragionamento che ne sta alla base, lasciano intendere che tipo sia il fondatore della rivista e il taglio che alla stessa ha voluto dare.

 

L’esponente più illustre della rivista è il professor Capacchione, docente all’Accademia Delle Belle Arti e famoso critico. Gli artisti e gli arteti più promettenti sono affidati al professore, che li segue con competenza e dedizione.

 

La rivista è uscita in edicola dopo due settimane dalla realizzazione dei murales ed ha avuto un’ottima diffusione, soprattutto nell’ambiente universitario. Il collettivo politico e “Il Muralista” sono diventati famosi.

 

Riccardo, Rosa e Luigi sono a mensa quando, attorniati da numerosi studenti, leggono la rivista.

È Rosa che è incaricata di leggere ad alta voce l’articolo del professore: «Oggi vi parlerò di un intrigante artista. La sua è una storia avvolta nel mistero. Lui si esprime attraverso le immagini dei murales, utilizzando sapientemente e con la massima perfezione i pennelli.

Le sue opere trattano con estrema sintesi e compiutezza temi semplici e complessi, ma attuali. La tecnica pittorica è davvero straordinaria. Non ho mai visto un dipinto su muro così preciso e dettagliato, molto più simile a una fotografia stampata.

 

Due settimane fa si è tenuta un’assemblea del collettivo politico degli studenti universitari nella quale, fra l’altro, si è discusso anche dell’impatto di internet sulla società.

Ebbene, due giorni dopo è stato realizzato un murale con una rappresentazione completa e fedele di quanto si è discusso nell’assemblea.

 

Rosa mostra la foto del murale e, naturalmente, tutti fanno un cenno di apprezzamento, poi continua a leggere: «Il dipinto, talmente ben fatto che il custode dell’Università ha tentato di rimuoverlo pensando fosse un quadro, esprime con particolare efficacia la preoccupazione degli studenti. Secondo loro la rete internet è uno strumento indispensabile, ma anche pericoloso e per questo andrebbe regolamentato meglio.

La rete è al centro della vita dell’uomo. Che si tratti di lavoro o di svago, ormai la fa da padrona. Il problema è che il controllo della stessa è appannaggio di poche imprese. Troppo grandi, troppo ricche, troppo potenti e che, fra l’altro, pagano troppo poche tasse in base ai profitti realizzati. Soggetti economici ingombranti che hanno la forza e la capacità di influenzare le scelte politiche di molti paesi.

Il rischio è che si possa andare incontro a una sorta di dittatura economico-sociale. Il disegno è una sorta di avvertimento “la rete è stata buttata e catturerà le sue prede”, che poi siamo noi. È inutile farsi illusioni, siamo sempre stati sottomessi a qualcuno e i protagonisti della rete saranno i nuovi padroni. La metafora del lancio della rete da pesca è molto convincente. Il pescatore lancia la rete e le prede, naturalmente, sono gli uomini.

 

Il pescatore è un’ombra, perché in realtà non è lui che manovra la rete ma i suoi padroni: Amazon, Google, Microsoft, Facebook, Alibaba, Tiktok, Twitter, per citarne solo alcuni.

 

Le persone, inconsapevoli, non si accorgono di nulla e continuano ad ascoltare il predicatore di turno, abbagliati dalla luce delle favolose promesse.

 

Il dipinto nel suo insieme mi angoscia e mi fa pensare che l’autore abbia voluto evidenziare un altro periodo difficile della nostra esistenza.

Un altro decadentismo, ma più preoccupante di quello precedente, perché non solo economico e culturale, ma anche civile e morale. Abbiamo difficoltà a dare un dignitoso significato alla nostra esistenza e alla nostra identità, che dovrebbe essere più umana e meglio integrata con le altre forme di vita sulla terra.

 

Nella stessa assemblea si è discusso della distribuzione della ricchezza e anche per questo tema è stato realizzato un murale.»

 

Rosa mostra la foto del secondo murale e poi continua a leggere: «Un disegno eccellente, ispirato, nella tecnica, all’arte rinascimentale. Mai visto nulla di simile su muro. Ottima l’idea del disegno di una bilancia dove su un piatto è stato collocato un gruppetto di persone e sull’altro piatto il mondo intero. Al centro il martello del giudice, a sottolineare che non c’è giustizia sulla terra.

Nel mondo “civile” la ricchezza è sempre stata mal distribuita, a chi tanto e a chi poco o niente. Oggi però è cambiato qualcosa in peggio rispetto al passato: è aumentata enormemente la distanza tra ricchi e poveri. Son aumentati i ricchi e, purtroppo, sono aumentati di molto, di troppo anche i poveri.

Ma è anche aumentata la distanza tra pochi ricchi e il resto della popolazione.

Anche la classe media, che conduceva una vita dignitosa, si è impoverita e si è dovuta adeguare ad un nuovo e più misero tenore di vita.

Poco più di duemila individui possiede la stessa ricchezza di quasi cinque miliardi di persone. Metà della ricchezza mondiale appartiene solo all’1% della popolazione. Mentre la metà più povera ha solo l’1% della ricchezza. Una cosa assurda e inaccettabile.

La cosa curiosa e preoccupante è che i protagonisti della rete fanno parte del gruppetto che detiene la maggior parte della ricchezza mondiale. Alla fine, come vedete, tutto torna.

Nel dipinto la bilancia è sostenuta da un uomo muscoloso e bello, simile ad Davide di Donatello. Lo stesso uomo con la mano destra sorregge il mondo intero. Come a dire che il destino del mondo è in mano a gente potente, abituata a imporre le proprie idee con la forza derivante dallo strapotere economico e il controllo dei media che gli ha permesso di conquistare un mondo sprovveduto che viene facilmente raggirato.

Lo stesso uomo nel disegno è rappresentato senza la testa, perché non la usa, altrimenti dovrebbe farsi molte, troppe domande e non saprebbe rispondere.

Infine, la grandezza della bellissima cornice, che sovrasta lo stesso dipinto, denuncia un profondo malessere della nostra società che dà molta più importanza alle apparenze che ai contenuti.

 

Questo giovane artista, sicuramente uno studente, ha un diverso e originale modo di esprimersi. Le sue opere parlano del quotidiano, denunciano, ci costringono alla riflessione.

Sono opere impregnate di umanità e sensibilità, ma anche di maturità e di una chiara visione del mondo. Inoltre, l’uso sapiente delle metafore denota una grande capacità espressiva.

Si è firmato “Il Muralista”, e ciò mi fa pensare che sia avvezzo a sfruttare con intelligenza il potere dell’ironia.

Il richiamo al concetto della morale con spirito canzonatorio, per definirsi non artista ma realizzatore di murales è intricante. Inoltre, non firmandosi con il suo nome e rinunciando alla notorietà, mi fa pensare che non sia un “Arteta” ma un “Artista”.»

 

I ragazzi applaudono. L’articolo è piaciuto molto ed essere stati menzionati su una rivista nazionale è motivo di orgoglio.